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Eclissi, presagio di sciagura nella vita dei pastori
16 giugno 2011 alle 10:05:47


«Como est chenande; cando finit de chenare, essit». Adesso è a cena; appena finisce di cenare, spunterà. Così i pastori più anziani spiegavano ai bambini curiosi l'eclissi di luna. Simbolo di malasorte, nel mondo degli ovili. Eclissi totale, un fenomeno ottico che stasera terrà la Sardegna e l'Italia tutta con il naso all'in su.

Esattamente come già successo il 3 marzo 2007, e prim'ancora il 28 ottobre 2004. E così sarà anche il prossimo 10 dicembre, e poi ancora il 28 settembre 2015, annunciano gli astronomi. È la magia della "luna rossa", che tramonterà domattina a «s'impuddile», all'alba, racconta Tonino Bussu, ex sindaco di Ollolai, insegnante in pensione e grande esperto di cielo stellato oltre che di limba e di cultura sarda. «Molte sono le credenze popolari della nostra terra legate alla luna e ai pianeti» racconta.

Tanto per cominciare: la luna è sempre stata il riferimento principale per i pastori dell'isola, come fosse, la luna, un orologio appeso alla volta celeste. Tanto importante che i pecorai e i caprai sardi sapevano calcolarne l'epatta, ossia: l'età del satellite al primo gennaio. Da qui poi parte il computo del calendario ecclesiastico per fissare la Pasqua.

Che non è certo un calcolo facile facile, anzi... Complicato e impegnativo soprattutto perché il mese lunare non è fatto di 30 giorni tondi, ma di 29 giorni, 12 ore, 44 minuti e 2,9 secondi. «In bintinove no abarrat e a trinta no arribat» dicono ancora oggi i pastori. Cioè: «Il mese lunare non rimane entro i 29 giorni, ma non arriva neanche a 30», spiega ancora Tonino Bussu, che parla degli allevatori sardi come fossero sacerdoti egizi custodi dei mille segreti legati ai fenomeni celesti.

Così era, del resto, dato che la vita delle campagne era scandita dalla luna. Il taglio della legna, per esempio, era possibile soltanto in tempo di «luna vona», luna piena, nel cuore dell'inverno. Così la legna sarebbe rimasta indenne da tarli o muffe. Anche il taglio delle canne per farne launeddas doveva essere fatto sotto i migliori auspici della luna, in modo che lo strumento musicale risultasse perfetto.

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«Le patate - aggiunge Bussu - bisognava piantarle, «pastinare», durante la luna crescente, mentre i fagioli durante la luna calante». Luna crescente: luna cun sos corros a susu (con le corna verso l'alto). Luna calante: luna cun sos corros a josso (con le corna verso il basso).

E se la luna era circondata dalle nuvole, «cun sa mandra» o «cun sa corte», era presagio di nevicate o piogge prolungate. Peggio ancora, quando la luna aveva attorno qualche stella (pianeta): «Oddì ca morit partorza o occhiden a calicunu!». Significava, infatti, che di lì a poco sarebbe morta una partoriente oppure avrebbero ammazzato qualcuno.

«Infausti erano gli auspici che i sardi traevano dell'eclissi di luna» chiude Tonino Bussu, rileggendo le vecchie credenze del cuore dell'isola. «Del resto in altre civiltà l'eclissi rappresenta la divinità risentita perché ferita dai morsi del lupo mannaro o del drago che la divoravano».

<_div style="text-align: justify" class="date">15 giugno 2011

fonte nuovasardegana.it

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